Agonia elettorale

La maggioranza sfiora la crisi ma alla fine Conte non esce dal Governo. Draghi naviga a vista.

Quando ha lasciato la sede di Campo Marzio per raggiungere Palazzo Chigi, non sapeva ancora cosa fare. Dilaniato e turbato come per ogni decisione che doveva prendere quando era premier. Giuseppe Conte, nel tentativo estremo di stare solo anche in quell’ultimo scampolo di tempo prima del confronto con Draghi, decide di usare la macchina nonostante da Chigi lo separino poco più di 300 metri. È un uomo della scorta – legato all’ex premier da profonda confidenza – che rompe il ghiaccio: “Presidente, è pronto? Ha deciso cosa fare?”.

L’avvocato del popolo resta muto. Deglutisce. Accarezza il colletto della camicia, aperta e senza cravatta, e con una voce flebile risponde che “no, non ho ancora deciso”. Tentennante fino all’ultimo secondo. Sarà forse per questo che non appena varca la soglia del suo vecchio ufficio, disorientato dalla scrivania leggermente spostata per avere più luce mentre si lavora, il leader del Movimento 5 Stelle si siede e inizia a parlare a raffica.

Draghi è sorpreso, stupito. Dopo giorni di minacce e annunci di un Movimento pronto ad andare per la sua strada, Conte spende i primi tredici minuti del colloquio solo per tranquillizzare il premier: “Non usciremo, presidente. Restiamo al Governo, ma abbiamo bisogno di aiuto. Sembriamo irrilevanti, i nostri provvedimenti sono oggetto di scherno da parte delle altre forze politiche, non riesco a tenere i miei se non si abbassano i toni”.

Draghi, che non nutre alcuna simpatia per il predecessore, è ammutolito. Fa fatica a comprendere se seduto davanti a lui vi è davvero quel capo partito che da giorni sta occupando i giornali annunciando sfracelli, o un uomo in difficoltà. Propende per la seconda e, senza concedere nulla sui contenuti, gli assicura che da parte sua né il Movimento, né le sue battaglie, saranno mai oggetto di derisione o offesa politica… CONTINUA A LEGGERE