Voto: partiti nervosi, l’astensione non cala e ora entra in scena anche il profilo dell’elettore fluttuante. L’America celebra Draghi e dice che l’Europa non può fare a meno di lui.
Sono giorni tesi e nervosi quelli che ci accompagnano verso la fine di questa campagna elettorale. Il voto di domenica prossima – al netto di sondaggi e previsioni – si presenta incerto e poco prevedibile con l’agitazione dei partiti che cresce ora dopo ora, incluso il colore dei toni e degli slogan.
Sono due gli aspetti che preoccupano. Il primo: quel blocco di astensione che non cala. Il secondo: la fluidità del consenso.
Il 42% dell’elettorato continua a ripetere che difficilmente andrà a votare e, se lo farà, deciderà dove mettere la crocetta nel momento stesso in cui entrerà in cabina. Questo dimostra che tutto ciò che succederà da qui ai prossimi tre giorni sarà egualmente determinante.
L’altro elemento che preoccupa è il cambio di opinione. Un noto sondaggista ci raccontava che non vi è un precedente per un cambio di opinione così repentino e multiforme. Tradotto: chi tre settimane fa aveva un’idea – apparentemente solida – su chi votare, l’ha già modificata almeno due volte. Questo fenomeno riguarderebbe il 32% di quel quasi 60% di persone che sicuramente andrà a votare.
È chiaro che non serve essere esperti di statistica per capire che, unendo il blocco di indecisi/astensionisti a quello dei partecipanti ma fluttuanti, il risultato sarà in bilico fino all’ultimo.
La preoccupazione travolge il Centro-destra. Giorgia Meloni continua a essere sicura di farcela e lavora alla lista dei suoi ministri ma anche delle figure da portarsi a Palazzo Chigi. In primis il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio che, nel caso, si dà per scontato possa essere Giovanbattista Fazzolari.
Un lavoro al limite dello scaramantico per smarcarsi anche dalle perplessità rispetto ai toni – giudicati sopra le righe anche da FdI – di Salvini e al continuo smarcamento di Berlusconi… CONTINUA A LEGGERE