La campagna non decolla

Arriva il mini decreto Aiuti. Il cammino verso il 25 settembre prosegue fiacco e privo di una visione sul Paese che verrà. Draghi “obbliga” il MEF a chiudere il provvedimento a sostegno di imprese e famiglie. Non ci sarà la CIG, in arrivo solo una proroga delle misure già in essere.

In un transatlantico deserto è un parlamentare di vecchio corso a rilasciare forse l’istantanea più fedele di questa campagna elettorale: “L’unico tratto distintivo di queste settimane è la rassegnazione. La rassegnazione di chi sa già di essere sconfitto, la rassegnazione dei vincitori in pectore, consapevoli che governare nella stagione che verrà sarà complicatissimo”.

L’ennesimo modo per dire che se si fosse lasciato tutto com’era, un po’ tutti avrebbero evitato difficoltà dalle quali adesso non si può fuggire.

Non è probabilmente un caso che un importante editore che ha incontrato Draghi nei giorni scorsi lo descriva come sereno e quasi sollevato.

Forse anche un po’ compiaciuto del fatto che adesso sembra che fare a meno di lui sia un’impresa difficile da sostenere.

D’altronde, rispetto solo a poche settimane fa, il quadro globale si è ulteriormente aggravato. L’energia, le materie prime, il quadro geopolitico, la questione monetaria con l’euro sotto il dollaro. Tutti passaggi che confermano una crisi non solo impossibile da decifrare ma anche – a questo punto – di lunga durata.

Uno scenario per il quale nessun partito sembra davvero essere preparato. Ecco allora che la campagna scivola tra il rischio deriva democratica evocato da Letta, la guerra civile prevista da Conte nel caso in cui si dovesse cancellare il reddito di cittadinanza, la riforma presidenziale con tanto di bicamerale rilanciata dalla Meloni.

Si parla di tutto, per non parlare di niente. A cominciare da un disegno completo e nitido di come il Paese dovrà muoversi.

Draghi nel frattempo fa il supplente, travolto anche lui, sarà il clima generale, dalla voglia di far vedere che si sta facendo… CONTINUA A LEGGERE