A Washington la riunione di primavera del Fondo Monetario Internazionale: in 3 mesi di guerra l’economia globale rallenta di quasi 2 punti. Per l’Italia resta il nodo energia.
L’inflazione europea al 7,5%, titoli di stato in sofferenza, l’ombra della recessione che si fa sempre più concreta. In una settimana di decantazione, con la politica ferma e il premier Draghi bloccato in Umbria col Covid, a far riflettere sono sempre le prospettive economiche completamente stravolte dal conflitto ucraino. Gli spring meetings di Washington del Fondo Monetario Internazionale misurano, anche per il nostro Paese, la revisione di tutti gli indicatori.
Quest’anno il Fmi si attende una crescita del PIL in Italia del 2,3%, dopo il rimbalzo del 6,6% del 2021 seguito al crollo del 9% del 2020, causato da lockdown e misure restrittive anti Covid. Sul 2023, secondo le cifre aggiornate nel World Economic Outlook, il Fmi prevede un più 1,7%. Si tratta, rispettivamente, di tagli di 1,5 e 0,5 punti percentuali rispetto alle previsioni effettuate solo lo scorso gennaio.
Ed è qui il punto che preoccupa maggiormente. Il rapido deterioramento della situazione e un movimento verso il basso, ancora in essere, che nessuno riesce a misurare. Le incertezze sulla guerra, l’inflazione e il buio che avvolge la questione energetica sono i nodi che restano sul tavolo e che iniziano a far salire non solo la preoccupazione ma anche “silenziose critiche” su una politica al momento ferma agli slogan.
Vanno bene i contratti con Angola, Congo, Algeria ma l’aumento delle forniture si svilupperà da qui a due anni. Al netto della comunicazione ai media, la realtà è che le nostre riserve strategiche si esauriranno al 31 ottobre. E se davvero l’Europa dovesse optare per la messa al bando di petrolio e gas russo, non si potrà evitare un doloroso e impegnativo piano di razionamento… CONTINUA A LEGGERE
* Fonte immagine di copertina: Pouyana, CC BY-SA 3.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0>, attraverso Wikimedia Commons