La BCE spiazza tutti e stoppa il “quantitative easing” dal primo luglio. Tassi su, borse giù, spread in volata. Draghi perde la battaglia in Europa: niente debito comune per suturare le ferite della guerra.
Che prima o poi sarebbe successo era noto. Ma che la fine da parte della Banca Centrale Europea dell’acquisto di titoli e debito dei Paesi in difficoltà scattasse già a luglio, non se lo aspettava nessuno. E ironia della sorte, il ritorno alla normalità monetaria avviene quando alla guida dell’Italia c’è l’uomo del “whatever it takes”, quel Mario Draghi che ha inaugurato la stagione dell’assistenzialismo di Francoforte.
C’è modo e modo nel gestire le transizioni. Draghi, per salvare l’euro, scelse una linea netta, perentoria: la garanzia che da lì, fino a quando sarebbe servito, la BCE non avrebbe cambiato rotta.
Giovedì, invece, immaginiamo si sia messo le mani nei capelli ascoltando la Lagarde indicare un percorso che sì “potrà cambiare se necessario”, ma “non per tornare a fare da paracadute” per i Paesi con i conti malmessi.
L’ennesimo suicidio comunicativo, sperando sia davvero solo una questione di comunicazione, quando anche uno studente al primo anno sa che per i mercati fiducia e idee chiare, valgono più di qualsiasi valore economico “reale”.
Tutta Europa – Germania a parte – pensava che l’uscita dal “quantitative easing” sarebbe stata graduale, diluita nel tempo, programmata anche sulla base dell’attuale emergenza.
Niente di tutto questo. La BCE torna a fare il falco, come ai tempi delle vacche grasse, senza considerare però che oggi le stalle sono vuote.
In un secondo le borse hanno iniziato un saliscendi che non sappiamo quanto durerà, lo spread è schizzato verso l’alto facendo sentire subito i suoi effetti sui conti pubblici.
Per molte economie europee, in primis quella italiana, si apre una fase di profonda incertezza oltre che di enorme difficoltà… CONTINUA A LEGGERE