Voto, i partiti provano a riposizionarsi ma quasi la metà degli italiani deve ancora decidere come muoversi il 25 settembre. Una campagna elettorale ancora senza brio e il bisogno di affrancarsi dall’esperienza di unità nazionale.
C’è chi l’ha già definita la più brutta campagna elettorale della storia repubblicana.
C’è invece chi ritiene che in realtà debba ancora cominciare e che il tutto si giocherà negli ultimi quindici giorni. Giusto o sbagliato, si vedrà, ma è inutile negare che sino a ora i picchi di entusiasmo o gli slanci innovativi non si sono visti da nessuna forza politica.
Sarà per il mese di agosto ma la sensazione è che la partita per il voto si stia consumando, più che sui contenuti, sulla rivendicazione di posizioni che riguardano la storia – vecchia o nuova – delle varie formazioni politiche. Tentare di ridarsi in fretta e furia una identità, dopo 18 mesi di governo di unità nazionale che sembra non abbia solo annacquato i connotati politici dei partiti, ma anche portato le rispettive classi dirigenti a estraniarsi dalla realtà, come se solo ora avessero scoperto i problemi del Paese.
Indicativa la questione del gas e delle ripercussioni sull’economia. Un capitolo la cui fine è difficile sia da scrivere che da immaginare, e che vede oggi tutte le forze politiche chiedere a Draghi interventi straordinari.
È vero che la situazione è da emergenza e richiede una mobilitazione non ordinaria. Ma è altrettanto vero che questo scenario è ben lontano dall’essere una sorpresa. Che si sarebbe arrivati a questo punto era ben chiaro anche quando si è deciso di far cadere il Governo Draghi.
Forza Italia e Lega – che nel chiedere l’esclusione tout court dei 5 Stelle hanno reso irrevocabile il processo di crisi – sostengono che, fosse stato per loro, l’esecutivo dell’ex governatore della BCE sarebbe ancora al suo posto… CONTINUA A LEGGERE